Un fondamentale paradosso emozionale
Pubblicato da Gianluca Patti in αὐτός · 9 Gennaio 2016
Una frase tratta da un libro di Gianluca Nicoletti recita: "dobbiamo restare arrabbiati ma sereni".
Da genitore di un bambino con autismo mi rendo conto che entrambi questi sentimenti coesistono, ma su due piani distinti e soprattutto su dimensioni di concretezza diametralmente opposte.
La rabbia è emozione vera, reale, radicata, rappresenta la mancata accettazione di una circostanza che non deriva da nessuna scelta personale, che non è frutto di alcuna conseguenza di qualsivoglia azione consapevole o inconsapevole maturata nel corso della propria esistenza. Ti è piovuta addosso senza alcun motivo apparente, come il risultato casuale di un sorteggio universale.
Una casualità ancor più spietata poiché ti si pone di fronte come una maschera senza volto e senza origini, di cui la scienza non conosce essenza ne risoluzione. Un labirinto silenzioso, senza via di uscita, che ti costringerà a confrontarti costantemente con l’altro volto del mondo, quello della neurotipicità, che, tra grovigli burocratici e carestie etiche ed intellettive, rappresenterà per tuo figlio quasi sempre un ostacolo piuttosto che un veicolo di supporto verso un'opportunità di inclusione ed adattamento sociale.
Su un diverso piano dimensionale coesiste un'emozione più artificiale che, per motivi di sopravvivenza, in qualche modo devi importi di possedere. La serenità è il motore che ti consente di proseguire con lucidità e perseveranza in un percorso di vita che necessariamente deve essere costituito da tappe e conquiste, quasi sempre così infinitesimali da perdersi nella banale reiterazione della rigida routine quotidiana che caratterizza la vita di un autistico e dei propri famigliari.
Una serenità imposta che, talvolta, ha la pretesa o l'ardire di tramutarsi in speranza, quando l'incertezza del futuro si sovrappone alla consapevolezza del presente, ma tuttavia necessaria per consentirti di mantenere uno sguardo oggettivo e limpido sul mondo, oltre i confini sia della neurotipicità, che della disabilità.
E' fondamentale dunque "restare arrabbiati ma sereni", viaggiare su binari distinti e distanti, ma paralleli, verso un'unica direzione, oltre il paradosso di una naturale dicotomia emozionale.
Un disequilibrio che nel contempo diventa equilibrio.
Solo così, forse, può essere possibile canalizzare questa energia silenziosa ma fattiva e divenire parte operante e costruttiva nella difficile evoluzione e precarietà dell'universo sociale, dove la disabilità potrà, dunque, rappresentare una opportunità ed una diversa possibilità e non più una diversità limitante.
Gianluca Patti